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Cenni Storici

Cenni storici e galleria immagini del Comune di Ponte dell'Olio.

Antiche Fornaci

Antiche Fornaci

Il complesso monumentale delle Fornaci di Ponte dell’olio, per la produzione continua di calce viva da costruzione, fu realizzato a partire dal 1890 per l’azienda Calce Val Nure. A quest’epoca risale infatti la prima fornace costruita, su pianta circolare con quattro camere da fuoco, dall’impresa di costruzioni di
Emilio Rossi, padre di Giovanni Rossi, futuro fondatore dell’Industria Cementi Giovanni Rossi. Giovanni Rossi, cittadino Pontolliese emerito per la capacità imprenditoriale e un forte senso di responsabilità sociale verso la comunità, all’inizio del XX secolo, divenuto titolare dell’azienda e direttore della fornace,
decise l’ampliamento dello stesso impianto, commissionando al garibaldino Carlo Carenzi la realizzazione di una seconda fornace, più avanzata tecnologicamente secondo l’esperienza dell’alta Val Trebbia, zona in cui esisteva una lunga tradizione produttiva di calce da costruzione.
La forma divenne ellittica e le camere da fuoco per l’alimentazione della combustione passarono da quattro a due.

L'impianto

L’impianto fu periodicamente ampliato e rivisto sino agli anni venti secondo la stessa tecnica costruttiva, quando si completeranno altre fornaci per un totale di cinque fusti complessivi; successivamente verranno demolite sia la prima e originaria fornace, che conteneva anche un forno del pane per i dipendenti, che la seconda fornace realizzata. La struttura muraria delle fornaci fu realizzata con un paramento esterno in pietra rinforzato da cerchiature metalliche, un intercapedine isolante in sabbia e un paramento murario interno in laterizio refrattario, al piano sommitale fu creato un camminamento con struttura lignea d’accesso ai tini per la calce e al piano interrato furono localizzate le strutture per lo scarico del materiale prodotto all’interno dei fusti.
Attualmente il complesso divenuto da oltre un decennio di proprietà comunale ospita le tre fornaci rimaste.

Giovanni Rossi

Accanto alla produzione di calce viva che continuò sino agli anni cinquanta, Giovanni Rossi realizzò un grande complesso produttivo per laterizi con fornace circolare Hoffmann, completato inoltre
dalla propria villa di residenza, dalla dependance, dalla serra e dal parco giardino, oggi sede degli uffici dell’Amministrazione Comunale.
Le fornaci producevano calce viva a ciclo continuo mediante la cottura del carbonato di calcio che proveniva, in decauville (vagone ribaltabile) via binario e teleferica dalle cave di Cà Dario e Teglio. Il processo produttivo prevedeva il continuo caricamento dall’alto delle fornaci, il decauville con il materiale di cava veniva sollevato tramite i montacarichi al piano alto delle fornaci, dall’alto venivano riempiti i fusti a strati successivi di carbonato di calcio e di carbone fine combustibile.

Al piano dei fuochi

Al piano dei fuochi veniva continuamente alimentava la combustione che permetteva l’accensione del carbone, il combustibile contenuto negli strati caricati dall’alto, per la cottura del sasso di calce. Al piano interrato delle fornaci, infine, tramite una tramoggia a rulli le maestranze scaricavano per gravità il materiale cotto estraendo la calce viva che veniva immediatamente immagazzinata nei depositi adiacenti l’impianto di produzione.
Tali aree ad oggi ospitano gli uffici comunali e la sala consiliare.
Il processo produttivo, grazie alla tecnologia costruttiva delle fornaci, era di tipo continuativo e permetteva di produrre su scala industriale una calce da costruzione di ottima qualità che venne venduta dall’Industria Cementi Giovanni Rossi nelle zone del Piemonte e del Torinese in particolare.

Antico Torchio AZ. Agricola "I Perinelli"

Torchio

Torchio cinquecentesco di grandi dimensioni, che porta una gabbia quadrata di due metri di lato ed ha il movimento impresso da un unico tronco di rovere.

Castello di Torrano

Si innalza su un colle precollinare, sul versante destro del torrente Nure, ai margini della strada che collega Pontedell'Olio a Carpaneto.
Il primo accenno alla località di "Torano" compare su una pergamena dell'833. Nel 1072 il vescovo di Piacenza dona questo territorio al Monastero di San Savino. Verso il 1250, durante la Signoria dei Gonfalonieri, venne quasi certamente costruita sul posto una torre occupata, prima, dalle truppe di Alberto Scoto che uccise con l'inganno il Gonfalonieri e ceduta, in seguito, da Galeazzo Visconti ai Fulgosio, accesi sostenitori del partito Guelfo. In questo periodo vennero annesse alla torre altre costruzioni, delineandosi così la forma embrionale del castello vero e proprio, ossia il corpo, le mura interne e la cinta esterna che ingloba l'accesso principale "primam portam".

Gli avvenimenti successivi al 1321

Cas_Torrano

Nel 1321 è distrutto per ordine dello stesso Galeazzo, entrato in disaccordo con il nucleo fulgosiano.
Nella seconda metà del del XIV secolo, il castello viene alienato a Corrado Leccacorvi e poi a Stefano Nicelli, grande signore della Valnure. Dopo varie contese per il possesso, nel 1482 il Leccacorvi riottenne il castello ed il feudo di Torrano, ma nel 1522 lo vendette a G. B. Marconi.
Dal torrione, primitivo organo di difesa, inizia una cerchia di grosse mura scarpate, con merlature ghibelline a coda di rondine che si sviluppano intorno alla sommità del colle. Una descrizione del 1648 cita il ponte levatoio posto ai piedi di una bassa torre quadrata, dotata di guardiola per le sentinelle ed una stanza con camino al piano terreno, destinata al corpo di guardia.

Due prigioni erano inglobate al piano superiore del mastio ed un'altra era al piano terra, a forma di canna quadra con un metro di lato e con apertura munita di botola.
Nel 1649, l'investitura di Torrano viene concessa in contea ai Chiapponi, per passare poi alla Camera Ducale e quindi al Demanio.   Tra gli ultimi proprietari, dal 1920 al 1970, figura il barone H. Zipperlen a cui si devono diversi lavori di ampliamento.
Ora il castello di Torrano è in corso di ristrutturazione da parte dell'attuale proprietario.

Castello di Riva

Cas_Riva

Il Castello di Riva, l'antica "Ripa", posto direttamente sulla sponda orientale del Torrente Nure, tra verdi colline, occupa una posizione bella e strategica, che permetteva in epoche lontane, di controllare l'importante strada della Val Nure. Questa, attraverso gli Appennini, consentiva lo scambio dell'olio della Liguria con i cereali della pianura Padana, facilitando attacchi di stranieri. Un luogo fortificato, a Riva, risale quindi già in tempi molto lontani, in epoca longobarda o forse romana.
Il nome "Castello di Riva" è citato per la prima volta in occasione di un'investitura feudale del 1199, quindi in un'alienazione datata 1255, ma l'attuale costruzione, d'impostazione tipicamente medioevale, risale al 1277, forse ad iniziativa dei Del Cairo: un'iscrizione, scolpita e murata nell'interno, lo testimonia: "MCCLXXVII fui factum hoc castrum". Costruito prevalentemente con pietre del Nure, questo castello recinto-fluviale, su pianta di triangolo quasi isoscele, ha un mastio quadrato su basamento a scarpa in pietra ed apparato a sporgere in laterizio, collegato alla torre rompitratta del lato nord mediante un'elegante loggia forse del XV secolo. Le ulteriori due torri, di cui una semicircolare, nei rimanenti vertici, sono unite da possenti muraglioni lungo i lati. Una quarta torre, all'interno, protegge l'ingresso munito di ponte levatoio.

Il torrione

Il torrione ha le mura dello spessore di circa tre metri, con merlatura ghibellina a coda di rondine. Dal 1323, per circa 250 anni, il castello fece parte di un potente scacchiere di difesa costruito da un importante famiglia piacentina, gli Anguissola di Vigolzone. Nella loro investitura feudale, 1412, era espressa la funzione di "ricetto" del castello, ossia gli abitanti di Pontedell'Olio si impegnavano ad eseguire le necessarie riparazioni, salvo il diritto di potervisi rifugiare in caso di guerra.
Gli Anguissola lo cedettero al duca Ottavio Farnese nel 1567. Dopo vari passaggi di proprietà, (Maggi, Cusani, Sforza Fogliani, Scribani Rossi) il principe Emanuele Ruspoli, nel 1884, ricevutolo in cattive condizioni, le fece restaurare e lo abitò. Dal 1930 è di proprietà della nobile famiglia Fioruzzi, che ha completato il restauro anche del parco interno.
Il Castello di Riva era strettamente legato alla condotta artificiale delle acque del Nure, già documentata nel XII secolo, con una bocca di presa comune ancora esistente ai piedi del mastio, che forniva maggior forza motrice agli impianti (magli) per la lavorazione del ferro e della carta, molti di proprietà camerale.

Castello di Folignano

Cas_folignano

Nel 1414 i congiunti Antonio Anguissola di Giovanni, Pietro e Riccardo di Bernardo, ebbero dall’imperatore Sigismondo l’investitura feudale de fortilizi di Folignano e di Vigolzone e della villa di Albarola. Importante la data del 1482 in quanto Gian Galeazzo Sforza rinnovò i privilegi riguardanti Folignano al conte Giovanni Carlo Anguissola, per avere egli valorosamente combattuto con il grado di capitano sotto Francesco Sforza. Nel gennaio del 1504 il re di Francia – che subentrò agli antichi signori nel ducato milanese – investì il conte Pier Bernardino Anguissola dei castelli e feudi di Folignano e di San Polo. A questa nobile famiglia, che tanta parte ebbe nella storia piacentina, il castello rimase sino alla fine dell’Ottocento.

Fino al secolo XIV non abbiamo notizie del castello che , nel 1319 i figli di Riccardo Anguissola acquistarono dai Copallati. Dalle cronache locali risulta che nel 1335, durante la guerra fra il duca di Milano Galeazzo Visconti e il Papa, il fortilizio di Folignano accoglieva molti partigiani del duca. Nel 1376 l’edificio era degli Anguissola di Vigolzone, i quali ottennero diverse conferme di proprietà del luogo sia da parte dei Visconti che degli Sforza.
L’edificio – ora trasformato in azienda agricola – è come molti altri nel piacentino a pianta quadrangolare. Costruito interamente con murature in pietra e mattoni, presenta basse torri circolari agli angoli ed è circondato da un ampio fossato superato dal ponte d’ingresso. Malgrado le trasformazioni avvenute nell’interno, in alcune sale si notano tracce di affreschi, l’oratorio annesso al fortilizio è in condizioni di completo abbandono. 

Galleria Immagini

Ultima modifica: giovedì, 04 gennaio 2024

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